(05 marzo 2004) - Su 27mila nuovi occupati nel 2003 in Emilia-Romagna, le donne sono state ben 14mila. Nonostante questo, il lavoro femminile continua ad essere il più precario (sono il 26% le donne con lavoro precario rispetto al 9,8% degli uomini) e sottopagato (in media il 20% in meno). La carriera appare così alle donne come schiacciata sotto un "soffitto di vetro": si vedono i vertici ma risulta impossibile raggiungerli (sul totale dei dirigenti, solo il 25% è donna). E' questo in sintesi lo scenario della condizione occupazionale femminile in Emilia-Romagna fotografato dai dati Istat e regionali, e presentato dall'assessore regionale al lavoro e pari opportunità, Mariangela Bastico alla vigilia dell'8 marzo, Festa della donna. Un ritratto in bianco e nero, dove la parte positiva sta nel fatto che il 60,2% delle donne in età lavorativa (dai 15 ai 64 anni) ha un impiego, contro una media italiana del 43%. L'Emilia-Romagna ha conquistato così già da ora l'obiettivo Ue di occupazione femminile al 60% previsto entro il 2010. Inoltre, sono più numerose le donne con meno di 44 anni laureate e diplomate rispetto ai coetanei maschi . La parte negativa, come si diceva prima, riguarda in primo luogo il precariato e subito dopo il salario. Le donne poi sono anche a maggior rischio di disoccupazione: il 69% dei sussidi di disoccupazione in Emilia-Romagna viene dato ad una donna. Sono infine a rischio povertà soprattutto le mamme sole, monoreddito, con figli, cresciute del 23% dal 1991 al 2001. "Nella nostra regione - spiega l'assessore Bastico - le donne partecipano, più che in altre regioni d'Italia, al mercato del lavoro, di cui hanno contribuito in gran parte all'espansione di questi ultimi anni. Eppure, a fronte di una così massiccia partecipazione, di un'elevata formazione e di una qualità professionale alta, persistono, nei confronti delle donne, gravi discriminazioni". Lavoro atipico e carriera Vediamo in dettaglio i dati della condizione occupazionale femminile in Emilia-Romagna. Fra il ´96 e il 2002 l´occupazione cresce di 131mila unità, di cui 100mila riguardano posizioni di lavoro atipico: tale tipo di occupazione, nel 2002, è pari al 16,8%, dell´occupazione totale regionale. Nel caso delle donne, tale incidenza arriva al 26,02% e per i maschi scende addirittura al 9,8%. In termini assoluti, è possibile dire che circa 70mila delle 131mila nuove posizioni lavorative registrate nel periodo 1996-2002 interessano donne assunte con contratto atipico. Dunque più della metà della nuova occupazione creata in questi anni è riferibile a donne che hanno o scelto, o accettato (per mancanza di alternative), un lavoro flessibile. La possibilità di "vedere" posizioni alte di carriera senza potervi concretamente accedere, viene definito dai testi di analisi socio-economica "soffitto di vetro". Le donne, infatti, più di ogni altra categoria di lavoratori, sono vittime proprio del "soffitto di vetro": oltre un determinato livello di carriera non possono andare. E lo testimoniano i dati del nostro mercato del lavoro. Infatti, nonostante il maggior livello di scolarizzazione dei maschi (soprattutto nelle fasce di età fino ai 44 anni), le donne rimangono per lo più escluse da percorsi di carriera: sul totale dei dirigenti operanti in Emilia-Romagna solo il 25% è donna. Il conseguimento della laurea non garantisce assolutamente gli stessi risultati - sul fronte della carriera - tra maschi e femmine: solo il 44,7% delle laureate in Emilia-Romagna risulta essere, nel 2002, un quadro, dirigente, libero professionista o imprenditore. Il resto delle lavoratrici resta ancorato - cioè non sfonda il "soffitto di vetro" - a ruoli impiegatizi. La laurea permette invece agli uomini percorsi di carriera più certi: il 62,1% dei maschi laureati accede a posizioni dirigenziali
Livelli salariali e disagio sul lavoro Un altro elemento di analisi utile a considerare la condizione delle donne nel mercato del lavoro sono i livelli salariali medi. In Emilia-Romagna la retribuzione media annua per le donne rappresenta l´80% rispetto a quella percepita dagli uomini, ovvero le donne percepiscono un salario medio inferiore del 20% a quello dei maschi. Per quanto riguarda le posizioni impiegatizie tale differenziale scende al 70%. "È evidente che sul salario femminile pesa la mancanza delle voci accessorie dei salari: i premi di produttività, gli straordinari. Una madre lavoratrice con figli, e magari coi genitori anziani da accudire, sconta infatti la fatica e la mancanza di tempo del doppio ruolo. Un doppio ruolo di cui la società intera si giova, ma per cui viene penalizzata in busta paga". Alla luce dei dati fin qui esposti è evidente che le donne possono vivere situazioni di disagio e insoddisfazione sul lavoro molto più degli uomini. Anche i dati lo confermano. Nel 2000 gli occupati parzialmente o totalmente insoddisfatti del proprio lavoro erano il 6,9% tra i maschi; fra le donne questa percentuale raddoppia e arriva al 13,7% sul totale. Visto poi il forte intreccio esistente tra l´aumento dell´occupazione femminile e l´aumento del lavoro atipico, può essere considerato come ulteriore elemento di valutazione del disagio il dato dell´aumento del lavoro atipico "involontario", svolto cioè da persone che dichiarano di non aver scelto l´attuale rapporto di lavoro e di volerlo cambiare. Ebbene, la percentuale di lavoratori atipici involontari è andata crescendo dal 39% del 2000, al 47% del 2001, fino al 55% del 2002.
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