Con l'introduzione del primo Intel 80486 un piccola porzione di cache venne inserita all'interno dei microcircuti nel nucleo (core) del processore, il quantitativo era limitato a soli 8 Kbyte ma, essendo la cache integrata il doppio più veloce di quella esterna su scheda madre, gli 8 Kb erano sufficienti a far ottenere un raddoppio netto delle prestazioni rispetto al 386. Grazie ad un nuovo algoritmo questa piccola cache integrata non solo immagazzina i dati impiegati più di recente come le cache Sram su scheda madre ma anticipa anche gli accessi del processore importando una certa quantità di dati dalla memoria di sistema anche quando gli stessi non sono al momento richiesti dal software. Questa funzione, detta Read-Ahead (lettura anticipata), rende disponibili al processore anche una certa quantità di dati che, con elevata probabilità, verranno poi effettivamente richiesti dall’applicativo.
La maggiore efficienza computazionale del 486 derivava quindi da tre fattori fondamentali:
Maggiore integrazione dei microcircuiti (a 1 micron) che ha permesso di elevarne la frequenza operativa in Mhz.
Memoria cache integrata da 8 Kbyte a quattro vie con algoritmo Read-Ahead. Integrazione nel nucleo dell’elettronica del coprocessore matematico 80387 che era invece prima disponibile solo su un chip esterno. Questi tre aspetti costruttivi del 486 hanno fatto si che il nucleo di questo processore arrivasse ad integrare ben 1.200.000 transistor (300.000 erano per l’80387) con un raddoppio delle prestazioni della unità Alu e la triplicazione della potenza di calcolo della unità Fpu. Tale gap prestazionale nel calcolo dei numeri in vigola mobile rispetto alla accoppiata 386+387 è dovuta in parte alla memoria di transito ad alta velocità da 8 Kbyte integrata ma soprattutto alla riduzione delle distanze circuitali tra i vari elementi. In elettronica il segnale deve seguire percorsi più brevi possibile per limitare al massimo sia le interferenze elettromagnetiche che le dispersioni del segnale stesso. Raggruppare i tre componenti ed integrarli sullo stesso quadratino di silicio ha quindi ridotto la lunghezza delle connessioni all’ordine dei millesimi di millimetro contro gli svariati centimetri di rame che è necessario stendere su un circuito stampato per unire i tre componenti (Alu, Fpu e Cache) a sé stanti.
I primi esemplari del 486 presentati nel 1989 funzionavano con una frequenza di 25 MHz e sono in seguito passati ai 33 MHz. Il 486 Sx era invece una versione economica privata del coprocessore matematico 80387 integrato. Quando Intel ha però introdotto il modello 486 Dx a 50 Mhz i produttori di schede madri fecero notare che una frequenza così elevata (per l’epoca) poteva introdurre disturbi di segnale e correnti parassite sulle piste delle schede madri. Di conseguenza intel produsse il processore 486 Dx2 il quale per via di un moltiplicatore interno 2x (leggi “2 per”) poteva andare a 66 Mhz pur funzionando su un bus di sistema a 33 Mhz. In seguito venne introdotto il 486 Dx4 a 100 Mhz con moltiplicatore interno 3x (33.3x3=100). La tecnica del moltiplicatore interno è stata portata all’estremo negli attuali processori e nel Pentium 4 in particolare. Avrete dunque capito che ad impostare la frequenza in Mhz del processore è un apposito circuito presente sulla scheda madre. Questo circuito detto “clock generator” è un oscillatore al quarzo che genera la frequenza di bus di sistema, frequenza dalla quale poi si ricavano, tramite moltiplicatori o divisori quella del processore e di tutti gli altri componenti (Memoria Ram, bus Pci e Agp ecc.). L’indice di prestazioni Norton Si variava dai 54 per il 486 a 25 Mhz ai 290 per il 486 a 133 Mhz di Amd.
Fonte: Lithium
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